CONSOLIDAMENTO
Il consolidamento è quell'intervento che tende a riconferire una normale
coesione ad un materiale che a seguito di processi di degrado ha subito una compromissione
della microstruttura.
Tale intervento prevede l'impregnazione delle porosità "anomale" della
struttura con un consolidante allo stato liquido che per
reazione o evaporazione del solvente ristabilisca la coesione.
Concretamente, il trattamento di consolidamento si rende
necessario quando la materia di un mobile è indebolita
al punto da mettere in pericolo il suo equilibrio strutturale.
Per esempio, sarà corretto consolidare una gamba
tarlata, al fine di dare continuità alla sua funzione
di sostegno. Questo trattamento deve essere inoltre effettuato
quando c'è pericolo di perdita di materia.
Costituisce uno dei primi passi di qualsiasi intervento,
quando si prevede che l'opera indebolita possa subire ulteriori
danni nel corso dell'intervento di restauro.
Esistono
diversi metodi e sostanze per consolidare il legno fragile
di un mobile. In passato le sostanze usate
erano di origine naturale, come la colla d'ossa (disponibile anche come colla d'ossa in lastre, colla d'ossa pronta e colla animale liquida pronta all'uso), la cera
d'api o le resine
naturali. Oggi, senza escludere tali
materiali, disponiamo di una gamma molto ampia di consolidanti
sintetici, che in linea di principio, in
molti casi, hanno maggior efficacia rispetto a quelli naturali.
I
consolidanti sono sostanze che si applicano allo stato
liquido per spennellatura, iniezione, goccia a goccia
o immersione, e che si solidificano all'interno del legno
conferendogli una certa consistenza.
A seconda del tipo di consolidante utilizzato, la solidificazione
si può produrre per evaporazione del solvente contenuto
nel consolidante (come nel caso della colletta o di alcune
resine sintetiche) o per reazione delle due sostanze di
cui è composto il consolidante (come nel caso delle
resine epossidiche o del poliestere).
L'efficacia del trattamento è maggiore quando avviene
per iniezione, goccia a goccia o immersione, in quanto,
in questi casi, la penetrazione della sostanza nel legno è più intensa,
mentre quando si applica per impregnazione il consolidante
tende a rimanere in superficie. Tuttavia, il metodo dell'immersione
presenta l'inconveniente di sporcare la superficie e inoltre
può essere applicato solo ad oggetti di dimensioni
ridotte.
Infine, quando il legno è in condizioni di eccessiva
fragilità, non si deve commettere l'errore, oggi
molto comune, di procedere alla stuccatura senza prima
effettuare un trattamento di consolidamento. Questo perché,
con la stuccatura, non solo non si pone rimedio alla patologia
della materia, ma si contribuisce anche a debilitarla ancora
di più, giacché lo stucco, essendo più rigido
rispetto alla zona indebolita, tende a tirare il legno
provocando rotture e sollevamenti.
I consolidanti, in senso stretto e appropriato, sono dunque
sostanze atte a ristabilire, generalmente per impregnazione,
un grado sufficiente di coesione in materiali che a causa
del degrado sono venuti progressivamente a perdere quella
condizione di aggregazione che originariamente li caratterizzava.
A un consolidante è richiesta inizialmente una
forma fluida a bassa viscosità che consenta per
capillarità una diffusione omogenea all'intorno
del materiale decoeso.
Una volta avvenuta, l'impregnazione deve seguire un processo
di presa grazie al quale torna a ristabilirsi un grado
di coesione sufficiente a garantire la permanenza dello
stato fisico, compatibilmente con le forze in gioco nel
sistema.
Diciamo subito che per coesione, almeno nel dominio più ristretto
dei problemi di conservazione, si intende l'insieme di
forze attrattive che si esercitano tra gli elementi microstrutturali
costitutivi di un materiale.
La prevalenza dei materiali artistici non ha una struttura
omogenea: in primo luogo perché spesso essi sono
costituiti da miscele artificiali di differenti sostanze;
si pensi ad esempio a un film pittorico (mescolanza semisolida
di pigmenti e leganti), a una preparazione (una sorta di
stucco composto da una carica e un disperdente) e così via.
In secondo luogo l'eterogeneità può essere
intrinseca al materiale stesso come ad esempio nel caso
del legno di una tavola, materiale per propria natura eterogeneo
in quanto composto di fibre distinte in connessione tra
loro.
In altri contesti, materiali porosi quali ad esempio le
malte d'intonaco, già eterogenee in quanto mescolanze
di calce e aggregato, lo sono anche intrinsecamente a causa
della microporosità che in pratica determina una
struttura discontinua assimilabile ad un insieme di elementi
saldati tra loro e separati dai vuoti dei pori.
Come si vede le situazioni, a livello di struttura fine
dei materiali, sono veramente innumerevoli nelle diverse
tipologie di discontinuità e disomogeneità sotto
cui essi possono presentarsi.
Una condizione è comune tuttavia a tutti. Un insieme
di forze, differenti da contesto a contesto, tiene uniti
tra loro stabilmente, se pure nell'ambito di una vasta
gamma di valori, i microelementi costitutivi di un materiale
e ne assicura la funzionalità in un determinato
contesto.
Le forze coesive possono, per cause differenti, indebolirsi
o addirittura annullarsi localmente determinando una graduale
formazione di fratture di entità variabile: da quelle
microscopiche e submicroscopiche, a quelle pur sempre piccolissime
ma rilevabili a occhio, a quelle macroscopiche con distacchi
o separazioni ben evidenti nella struttura.
In relazione alla coesione originaria i diversi materiali
possono essere classificati in duri, pastosi, morbidi ecc.
Esistono anche delle scale di quantificazione della durezza
che permettono, per confronto, di assegnare un valore a
un determinato materiale.
Teniamo presente tuttavia che il concetto di coesione,
di "tenacia", se vogliamo usare una terminologia
più comune, è generalmente assai complesso
implicando non solo la durezza ma ad esempio anche l'elasticità di
un materiale.
Quest'ultima è soprattutto legata alla deformabilità della
sua microstruttura. Sottoposti ad un'azione meccanica tendente
ad alterarne la forma i materiali elastici possono subire
la modifica in maniera reversibile senza che si verifichi
contemporaneamente perdita di coesione.
Così ad esempio la deformazione di un elastomero
porta ad uno stiramento delle sue lunghe e aggrovigliate
catene macromolecolari senza che vengano a diminuire sensibilmente
le forze attrattive tra di esse.
Al contrario la deformazione di un pezzo di vetro, che è costituito
da una struttura di tipo rigido, non alterabile, superata
una determinata soglia produce direttamente la frantumazione
del pezzo. Si dice che il materiale è duro ma fragile.
In questo caso le unità microstrutturali del vetro
non sono deformabili. Ogni sollecitazione si ripercuote
direttamente sulle forze attrattive tra esse, collassando
l'unità strutturale e determinando la rottura del
pezzo.
Eppure il vetro sembra, ed è, un materiale molto
più duro e coeso della gomma. Dipende quindi da
che cosa esattamente si considera e si misura come parametro
fisico indicativo di quella che genericamente definiamola "tenacia" di
un materiale.
Ecco quindi che la scelta di un prodotto consolidante,
atto cioè a ristabilire una coesione iniziale compromessa,
deve tenere conto di un insieme di proprietà meccaniche
che il pezzo da trattare possedeva all'origine e che attraverso
l'intervento di consolidamento si tenta di ricondurre a
condizioni di durabilità e affidabilità.
Abbiamo detto che la perdita di coesione può avvenire
per differenti cause. Da una parte queste sono riconducibili
agli effetti cumulativi dei processi di deformazione meccanica
innescati da variazioni termiche ed igrometriche succedutesi
nel tempo; dall'altra sono la conseguenza di un insieme
di fenomeni chimici o anche biologici con ripercussioni
di tipo chimico e fisico che hanno modificato la natura
di alcune sostanze cementanti o leganti alle quali era
dovuta la coesione originaria.
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